La ragazza dello sputnik – Haruki Murakami

Sumire è una ragazza impulsiva, disordinata, generosa, con il mito di Kerouac e della scrittura. Myu è una donna matura, sposata, molto ricca e molto bella. Sumire ama Myu come non ha mai amato nessun ragazzo. E Myu parrebbe provare lo stesso sentimento, ma uno schermo invisibile sembra separarla dal sesso, e forse dal mondo. Riusciranno a incontrarsi o si perderanno senza lasciare traccia come lo Sputnik, condannato a vagare nello spazio per sempre? A raccontarci la storia è un giovane senza nome, prima studente, poi maestro elementare, innamorato di Sumire innamorata di Myu. E così i destini dei nostri tre protagonisti s’inseguono ma non si congiungono mai, simili a satelliti alla deriva per l’eternità.

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Il romanzo che funge d’approccio ad una nuova scrittura, soprattutto a quella di uno scrittore già affermato, ha un compito fondamentale, gettare le basi di quello che potrebbe diventare un nuovo amore, l’esplorazione di altre vita, di altri modi di vedere le cose, di un altro tipo di fluidità narrativa.

Murakami, scrittore osannato e popolare in tutto il globo, possiede una delicatezza narrativa capace di far apprezzare la complessità e la psicologia dei personaggi.

In “La ragazza dello sputnik” ad attirare l’attenzione non sono le vicende, le azioni che sostengono il romanzo, quanto il trauma da cui parte tutto, il fulcro da cui scaturisce la valanga delle conseguenze. Il narratore, di cui non viene mai citato il nome, è uno dei protagonisti e funge da collante tra
Sumire e Myu tanto da essere lui, attraverso la scoperta di alcuni file, a rivelare il punto massimo delle vicende.

Traumi vissuti, amori non dichiarati, sessualità e un doppelganger che è la rappresentazione della parte oscura che vive nell’animo umano e che vorrebbe venire alla luce, compongono questo romanzo che non riesce a convincere a pieno avendo costantemente l’impressione che il discostamento dalla realtà sia eccessivo.

Tre personaggi che ruotano uno intorno all’altro, che si incontrano, condividono esperienze ma restano poi soli a vagare nel proprio universo.

Io sono rimasta da questa parte. Ma un’altra me, o forse metà di me, è finita dall’altra parte. Portandosi dietro i miei capelli neri, i miei appetiti sessuali, le mestruazioni, l’ovulazione, e forse anche molta della mia voglia di vivere. Quella che vedi adesso qui è solo la metà di me che è rimasta. Questa sensazione da allora non mi ha più lasciata. Sulla ruota panoramica di quella cittadina svizzera, per qualche misteriosa ragione il mio essere si è diviso per sempre in due parti. Per quanto ne so, potrebbe anche essere stata una specie di transizione. Ma non sarebbe esatto dire che qualcosa in me mi è stato portato via. Perché quel qualcosa continua a esistere dall’altra parte. Ne sono sicura. Siamo solo separate da uno specchio. Ma io non posso in nessun modo attraversare questa parte di vetro, né ora né mai.

Note sull’autore

Haruki Murakami (村上 春樹 Murakami Haruki?Kyoto12 gennaio 1949) è uno scrittore e traduttore giapponese.

È stato tradotto in circa cinquanta lingue e i suoi best seller hanno venduto milioni di copie. Le sue opere di narrativa si sono guadagnate il consenso della critica e numerosi premi, sia in Giappone che a livello internazionale, come il premio World Fantasy (2006), il Frank O’Connor International Short Story Award (2006), il Premio Franz Kafka (2006) e il Jerusalem Prize (2009).

Fra i suoi titoli più celebri si ricordano Nel segno della pecora (1982), Norwegian Wood (1987), L’uccello che girava le viti del mondo (1994-1995), Kafka sulla spiaggia (2002) e 1Q84 (2009–2010). Ha inoltre tradotto un cospicuo numero di opere dall’inglese al giapponese, spaziando da Raymond Carver a J. D. Salinger (fonte Wikipedia)