Rubrica: “4 chiacchiere e un telefono tra di noi”

Bentrovati cari lettori, dopo la pausa della settimana scorsa, Gioialibro torna con la rubrica “4 chiacchiere e un telefono tra di noi”.

Ospite di questa settimana Diego Pitea, autore del thriller psicologico “L’ultimo rintocco“.

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Benvenuto Diego e grazie per avermi concesso questa intervista. Ci parli un po’ di lei, di cosa si occupa nella vita?

Grazie a te, Ilaria, e ai tuoi lettori dell’ospitalità. Dieci anni fa ho avuto la fortuna di vincere un concorso come Istruttore tecnico al Consiglio regionale della Calabria e da allora mi occupo della vigilanza sull’emesso televisivo. In parole povere, controllo la programmazione giornaliera delle varie emittenti televisive calabresi e mi accerto che non trasmettano irregolarità riguardanti, ad esempio, la pubblicità, la tutela del minore ecc. è un lavoro molto stimolante, che mi si addice.

Si è avvicinato al mondo della scrittura spontaneamente oppure qualcuno l’ha incoraggiata?

Sono sempre stato un appassionato lettore. Ho, ancora, impressa nella mente l’immagine vivida di me bambino, coricato a letto, e mio padre accanto che legge Arthur Conan Doyle, Edgar Wallace e Agatha Christie. Il passaggio alla scrittura è subentrato più tardi, con i primi piccoli racconti, molto ingenui, a beneficio solo della mia famiglia. La svolta arrivò nel 2009,anno in cui mia madre fu colpita da una malattia molto grave. Giurai a me stesso che se si fosse salvata non avrei letto più un libro giallo e chi mi conosce sa quale sacrificio rappresentò per me. La mancanza fu talmente forte che non trascorse molto tempo da che decisi di scriverne uno, a mio uso e consumo. Tentai con l’incubo di tutti gli scrittori di romanzi gialli: la camera chiusa. Il tentativo non dovette andare male perché “Rebus per un delitto”, nel 2012, arrivò in finale al premio “Tedeschi” della Mondadori, affermazione bissata due anni dopo con il secondo libro “Qualcuno mi uccida”. Per rispondere, quindi, alla tua domanda: no, non ci fu nessuno che mi instradò nel percorso della scrittura, fu una spunta che sentii dentro di me.

Il suo romanzo “L’ultimo rintocco” è un thriller psicologico che parla dell’Escissore, un serial killer edonista che uccide le sue vittime e lascia indizi sulla scena del crimine che,una volta svelati, permettono di capire l’identità della prossima vittima. Nel costruire gli eventi e creare la storia, si è ispirato a qualche fatto realmente accaduto?

La parte inerente l’escissore è solo frutto della mia fantasia, non mi risulta, per fortuna, che siano mai esistiti assassini con queste peculiarità. L’escissore ha intelligenza e cultura fuori dal comune, un po’ come Richard Dale, lo psicologo chiamato a catturarlo, e trovare due menti così straordinarie non è sempre facile. Per quanto riguarda, invece, la sotto trama gialla, devo confessarti, come molti lettori del libro hanno capito, che, effettivamente, per quella, mi sono ispirato a uno dei fatti di cronaca più misteriosi e controversi della storia italiana: il delitto di Via Poma. Quando avvenne, nel 1990, ero un adolescente e la storia della povera Simonetta Cesaroni segnò una traccia indelebile nella mia mente, a tal punto che quando si trattò di scrivere “L’ultimo rintocco” volli inserire una parte che la ricordasse. Rivelo a te e ai lettori un aneddoto: quando decido di scrivere un libro sono solito documentarmi a fondo sui vari argomenti che verranno trattati e anche in questo caso è avvenuto lo stesso. Lessi tutto quello che c’era da leggere e giunsi alla conclusione che gli inquirenti dell’epoca avevano tralasciato una pista che a me sembrava, invece, promettente. Decisi di scrivere al magistrato incaricato per esporre la mia tesi, ma purtroppo non ricevetti mai risposta.

Scrivere una storia così complessa e coinvolgente e descrivere in modo dettagliato il carattere e i conflitti interiori dei personaggi, soprattutto del protagonista Richard Dale, richiede un grande impiego di energie. Quali emozioni e sentimenti ha provato durante la stesura?

Devo dire che i sentimenti sono stati contrastanti. “L’ultimo rintocco” è stato un libro molto complesso da scrivere per le varie sfaccettature della storia che tu ben conosci e malgrado sia un thriller psicologico, ha dei risvolti che toccano le corde più sensibili, penso ai patimenti di Doriana e all’infinito amore che esiste fra Richard e Monica, tale da fare commuovere più di una persona. Ti rivelo che molti lettori mi hanno confessato di aver pianto per la scena finale e anch’io nello scriverla non sono riuscito a trattenere una lacrima.

Ho visto su Netflix una serie TV dal titolo “Mindhunter” che parla degli studi condotti dall’FBI per delineare la figura del serial killer. Quali studi e quali libri ha letto per approfondire la conoscenza su questo mondo?

Il “Trattato di criminologia comparata” del Mannheim su tutti. È un libro molto completo, che consente di conoscere tutti gli aspetti della criminologia clinica e forense, con particolare riguardo, appunto, ai serial killer. Ne consiglio la lettura a tutti coloro i quali hanno in mente di scrivere un thriller psicologico o che sono soltanto curiosi dell’argomento. La realtà è spesso diversa da quella che si vede nei film. Essendo Richard Dale uno psicologo, inoltre, mi piace porre particolare attenzione a tutti gli aspetti psicologici dei protagonisti e della storia, come hai potuto constatare, per cui leggo spesso saggi di psicologia. Per quanto riguarda, invece, gli elementi più materiali, come luoghi, strade ecc, che vengono nominati nel libro, uso la risorsa migliore che uno scrittore possa avere a disposizione: internet, anche se molti dei luoghi che vengono descritti li ho visti di persona.

Il suo romanzo è stato accolto in maniera positiva, le diverse recensioni parlano chiaro. Che rapporto ha con i lettori?

Meraviglioso, ci tengo a dirlo. Quando qualcuno sceglie “L’ultimo rintocco” sa che può chiamarmi o contattarmi in qualsiasi momento e con molti di loro è accaduto proprio questo. Li sentivo spesso, anche più volte al giorno, mentre la lettura procedeva e ci scambiavamo pareri, volevano delucidazioni su degli aspetti della trama che erano risultati loro poco chiari, mi confidavano il loro apprezzamento.  Ho deciso di donare buona parte dei miei proventi alla Lega del Filo d’Oro proprio perché non sono interessato agli aspetti più materiali dell’essere scrittore, ma a queste dimostrazioni d’affetto, di attenzione verso il libro, che mi commuovono. A riprova di quanto io tenga a ciascuno dei miei lettori, nelle ultime righe del libro, alla fine dei ringraziamenti, si può leggere questa frase: “Infine, un ringraziamento a te che hai letto fino alla fine, donando esistenza al libro. Tutti i libri iniziano il loro cammino solo quando qualcuno li legge.”

“L’ultimo rintocco” è il suo primo romanzo pubblicato ma non il primo che lei ha scritto.

Sì, come ti dicevo prima “L’ultimo rintocco” è il terzo libro che ho scritto, ma il primo thriller psicologico. I primi due romanzi sono gialli classici e la casa editrice ha deciso di partire con questo che rappresenta un genere meno di nicchia.

Qualche nuovo progetto all’orizzonte?

Certamente. Innanzitutto, il primo libro “Rebus per un delitto” è in valutazione presso una grande casa editrice e si saprà qualcosa in autunno, inoltre ho già scritto il quarto romanzo, il cui titolo, però, è un segreto e sto per completare il quinto, una storia pazzesca.

Il suo romanzo preferito?

Non ho una vera e propria preferenza. Come un padre ama tutti i figli allo stesso modo, io amo ciascuno dei miei libri senza particolari preferenze. Fossi costretto a rispondere e a fare un titolo… direi il primo scritto e il primo pubblicato. Entrambi hanno segnato l’inizio di qualcosa.

Quale libro, secondo lei, non può mancare nella libreria di un appassionato lettore?

Sono un lettore vorace. Quando ero ragazzo, con più tempo libero a disposizione, riuscivo a leggere anche due libri in un giorno, in una sorta di tour de force dalla mattina fino a notte inoltrata. Fra tutti gli innumerevoli libri che ho letto nomino due titoli che ritengo due pietre miliari della letteratura mondiale, libri che lasciano senza fiato. Per il genere giallo “Dieci piccoli indiani” di Agatha Christie e per la narrativa “La Divina Commedia” di Dante Alighieri. La parte relativa all’Inferno è il thriller più bello mai scritto. 

Gioialibro ringrazia ancora Diego Pitea per aver concesso questa intervista e vi da appuntamento alla prossima settimana.