Giovanni Ardemagni per “4 chiacchiere e un telefono tra di noi”

Bentornati cari appassionati lettori, ospite della mia rubrica Giovanni Ardemagni, autore del libro Un momento fa, forse e vincitore del premio letterario internazionale Città di Cattolica.

Giovanni Ardemagni

D. Benvenuto Giovanni, inizio l’intervista chiedendoti di parlarci un po’ di te.

R. Prima di tutto mille grazie per questa opportunità che mi stai regalando. Dal 1979 che mi occupo di trasporti e distribuzione. Principalmente servizio corriere nazionale e internazionale. Ho quasi sempre occupato posizioni manageriali e la mia sfida più bella fu dall’incarico di Amministratore delegato per poste Svizzere a Milano. A lungo andare, visto che trattavo pacchi, avrei pensato che la mia vita fosse diventata un pacco, invece ho sempre amato il mio lavoro. Ci ho dedicato anche un racconto “Pacco felice”

D. Di cosa ti occupi nella vita?

R. Dopo i fatti del 2016, descritti nel mio ultimo romanzo, Un momento fa, forse ho iniziato ad occuparmi di consulenza aziendale e di formazione sempre nel campo in cui sono cresciuto. Tengo corsi specialistici anche in tema “Swot analysis”, strategie commerciali e gestione risorse umane.

D. Preferisci definirti autore che scrittore. Come mai?

R. Credo siano due stili, due scelte di vita diverse anche se ovviamente molto vicine. Scrittore, per me, è colui che vive di scrittura. È la sua vera professione, Difficile, complicata, intensa ma sicuramente unica. Per me sarebbe un sogno. Ho una stima infinita per chi affronta questa incredibile bellissima sfida. Un autore è uno come me, che ha voglia di lasciare, su carta, i suoi pensieri e condividerli con altri.

D. Ho letto il tuo libro Un momento fa, forse e ho avuto il piacere di recensirlo. Lo consiglio a tutti i lettori sia per le intense sensazioni che riesce a trasmettere che per i temi trattati. Quali emozioni ti hanno accompagnato durante le stesura?

R. Rabbia, risa, divertimento, ricordi unici, tristezza infinita, dolore, amore infinito. Ridevo durante la scrittura, piangevo, gioivo, mi veniva la pelle d’oca. È stato un viaggio incredibilmente intenso.

D. In Un momento fa, forse riporti un momento importante della tua vita, la perdita del lavoro. Il romanzo può essere considerato una sorta di riscatto, un modo per trarre forza e andare avanti?

R. Vorrei considerarlo una volontà di creare speranza in tutti coloro che hanno subìto o subiranno questo “trattamento”.  Io credo che fondamentalmente ogni azienda abbia il diritto di licenziare, di prendere misure drastiche ma ha il DOVERE, di farlo rispettando le persone e la loro dignità, cercando la soluzione migliore. Licenziare un over 50 è rinunciare a una piccola libreria, a un diario di bordo dell’azienda, a una possibilità di dare continuità e creare valore aggiunto per chi arriverà dopo. Non va più bene in quella posizione? Ci sarà un qualcosa che questa persona potrebbe dare come valore aggiunto?  QUESTE sono le domande da porsi.

D. Stiamo vivendo un momento difficile in cui molto persone, purtroppo, vivranno l’esperienza del licenziamento e tanti datori di lavoro non riusciranno a riaprire le loro attività. La situazione economica, anche per quanto riguarda il mondo dell’editoria, ti sembra così critica?

R. Credo che tutti i settori siano assolutamente in crisi e vivranno momenti ancora più difficili ahimè! Siamo all’inizio. Non ho abbastanza esperienza nel mondo dell’editoria quindi non posso esprimermi ma ho incontrato tanti agenti letterari e loro non sono cosi ottimisti.

D. Nel romanzo si percepisce in modo chiaro il forte legame di amicizia che lega G. e Marcel. Che valore dai all’amicizia?

R. Con Marcel ho lavorato per tanti anni. Lui a Zurigo io a Lugano. Lo incrociavo quando mi recavo alla sede centrale. Sempre gentile, cortese.  Passiamo un giorno solo fuori dalle mura di quel luogo e parliamo di tutto, ci confidiamo, ci sorprendiamo a vicenda. Nasce qualcosa di magico davvero. Davvero inaspettato. Si l’ho considerata l’inizio di una grande amicizia. Secondo me il vero amico è il custode di tanti tuoi segreti. È il custode di intimità tra amici. È non avere paura dei propri limiti e donare a lui la propria forza. Mi viene da ridere e mi incazzo anche quando sento parlare di amico in modo generico. (amico in FB – che insulto) L’amico è una perla scovata con tanta fortuna. Conservarla è un dovere. Un modo di dire “Ci sono, VOGLIO ESSERCI”

D. Oltre al rapporto tra G e Marcel, nel libro parli della storia tra Marcel e Lilu. Due persone che si amano godendosi il momento. Lui uomo solitario, lei una prostituta. Lilù afferma che Marcel è stato in grado di toglierla “dalla scatola di cerini”, di farla sentire speciale. Sembrano quasi due personaggi fuori dal tempo vista la frenesia con cui si vive.

R. Vorrei partire, con la mia risposta, dalla tua ultima frase “vista la frenesia con cui si vive”. Io aggiungerei con i preconcetti con cui crediamo di essere normali, superiori, etici.  Pazzesco. Ho cercato di trasmettere, di creare delle immagini e dei concetti con quel passaggio. La scatola di cerini è il postribolo. Luogo dove l’avventore, eccitato dalla sua smania di sentirsi uomo e potente, sfrutta la donna che comunque ha scelto questa professione, vecchia quanto il mondo. Da noi in Svizzera non ci sono prostitute per strada. Solo case chiuse. I cerini: I cerini sono le prostitute che l’uomo o presunto tale cerca di accendere, illudendosi e non si accorge che forse ha stimolato solo una fiammella. Poi la si spegne e la butta via. Una scatola di cerini con la pubblicità del postribolo.  Marcel invece l’ha cercata, con dolcezza e intimità, l’ha accesa trasformandola in unna candelina del tipo quelle che si mettono sulle torte dei bimbi. Il bimbo soffia, …. la candela si spegne e come per magia si riaccende. E il bimbo è sorpreso e felice. Marcel l’ha trattatasi, col rispetto, l’ha accesa, e al momento che sembrava si fosse spenta l’ha accesa di nuovo e sempre con dolcezza. Andiamo oltre i preconcetti. Esistono amori intensi che pochi proprio pochi riescono a capire o nel gergo di questi presuntuosi, riescono a “perdonare”. Questo è il messaggio che volevo trasmettere. Troppi amori sono criticati. La ragazza giovane e l’uomo molto più grande. E se per quell’uomo lei fosse la sua musa? Se per un artista allora va bene, per l’uomo “normale” no! Che triste questo mondo! Guardare oltre è davvero cosa per pochi.

D. In una delle nostre bellissime conversazioni, hai definitivo il tuo romanzo come una missione. Potresti chiarire ai lettori in cosa consiste questa missione?

R. Rischierei di svelare il romanzo. Ma sì! È una missione. È voler sensibilizzare le persone su cosa significa perdere il lavoro a 55 anni. Immagina un pescatore che torna da una battuta di pesca senza neanche un pesce. Non ha più vent’anni, è più stanco ma ancora tanti impegni familiari. Cosa si potrà domandare questo povero cristiano? Si domanderà cosa potrà dire a sua moglie, ai suoi figli, cosa dirà? Con quanta paura tornerà in quel mare che lo ha visto quasi naufrago, con una forza immensa a reagire, lottare a più riprese in tutta la sua vita. Quanta forza avrà di tornare magari solamente ad avvicinarsi al mare e guardarlo, in solitudine?

D. Qualche altro progetto in cantiere?

R. Sto cercando di trasformare un sogno in progetto. Vorrei creare una esposizione di scrittori senza editore. C’è cosi tanta gente che scrive bene davvero e non la fortuna e forse non avrà la fortuna di avere una vetrina. Io vorrei crearla a livello transfrontaliero. Sono nato e cresciuto in Svizzera e ci ho vissuto sino a 5 anni fa, Ora vivo nel paesello di nonna, a poche centinaia di metri dal confine. Ma in un altro mondo.  Vorrei unire questi due mondi attraverso questa iniziativa.

Tempo fa ho conosciuto una compagnia teatrale marchigiana, che da anni rappresenta l’inferno di Dante nelle grotte di Camerano o nei vicoli di borghi storici con Treia nel maceratese. Vorrei riuscire a portarli da noi e fare in modo che la gente conosca. Magari far rappresentare l’opera nelle cave di marmo di un paesino dove ho passato la gioventù.

D. Risposta di getto, quale libro ti ha segnato di più nel profondo?

R. Il piccolo principe perché ti insegna a guardare oltre, senza usare paroloni che solo certi luminari capiscono, rendendo chi l’ha scritto assai buffo.  Il secondo è Il banchiere dei poveri di M.Yunus, perché crea speranza.

D. Alcuni hanno affermato di essersi sentiti demotivati durante la quarantena, altri invece, di essere riusciti a portare a termine lavori o progetti lasciati in sospeso. Tu come hai vissuto questo periodo?

R. Non ho scritto, ho letto molto e ho fatto tanti lavori che giammai nella mia vita avrei voluto fare. Esempio pitturare una ringhiera di 120 metri. Non è il fatto di aver pitturato la ringhiera ma il fatto che stavo su quella terrazza e sentivo il silenzio di ciò che vi era attorno. M’ha creato strane emozioni. Ho continuato a pormi domande senza la presunzione di avere delle risposte.  Ne avevo bisogno per distanziarmi dalla parola paura. 

D. Giovanni, la lettura di quale libro consiglieresti ai lettori?

R. A parte i due che ho citato pocanzi ne citerei due:

  1. Mille splendidi soli di K.Housseini 
  2. Zoe e le altre di Maurizio Carletti (L’evoluzione della prostituzione dopo le cene eleganti)

Gioialibro ringrazia l’autore Giovanni Ardemagni per l’intervista e vi da appuntamento a giovedì prossimo.

Ilaria Matà