
La nostra rabbia รจ un furore che gli occidentali non possono capire. La nostra tristezza fa piangere le pietre.
Attraverso la voce di Amal, la brillante nipotina del patriarca della famiglia Abulheja, viviamo l’abbandono della casa dei suoi antenati di ‘Ain Hod, nel 1948, per il campo profughi di Jenin. Assistiamo alle drammatiche vicende dei suoi due fratelli, costretti a diventare nemici: il primo rapito da neonato e diventato un soldato israeliano, il secondo che invece consacra la sua esistenza alla causa palestinese. E, in parallelo, si snoda la storia di Amal: l’infanzia, gli amori, i lutti, il matrimonio, la maternitร e, infine, il suo bisogno di condividere questa storia con la figlia, per preservare il suo piรน grande amore. La storia della Palestina, intrecciata alle vicende di una famiglia che diventa simbolo delle famiglie palestinesi, si snoda nell’arco di quasi sessant’anni, attraverso gli episodi che hanno segnato la nascita di uno stato e la fine di un altro. In primo piano c’รจ la tragedia dell’esilio, la guerra, la perdita della terra e degli affetti, la vita nei campi profughi, condannati a sopravvivere in attesa di una svolta. L’autrice non cerca i colpevoli tra gli israeliani, racconta la storia di tante vittime capaci di andare avanti solo grazie all’amore.
Dettagli
Autore: Susan Abulhawa
Traduttore: Silvia Rota Sperti
Editore: Feltrinelli
Pagine: 400 p., Brossura
Nell’ufficio di Ari, eravamo tre generazioni sospinte dalla forza ostinata di una storia senza riscatto, truffata dal destino ma riunita in quel momento per chiedere di essere raccontata. La storia di una famiglia di un oscuro paesino, visitata un giorno da un destino che non le appartiene e imprigionata per sempre dalla nostalgia tra le radici e la terra. Era un racconto di guerra, della sua fine agghiacciante, bruciante e di nuovo agghiacciante. Di un amore impetuoso e di un attentatore suicida. Di una ragazza che era fuggita dal suo destino per diventare una parola, svuotata del suo significato. Di bambini cresciuti che setacciavano la follia in cerca di un perchรฉ. Di una veritร che si faceva strada tra le menzogne affiorando da una crepa, da una cicatrice sul volto di un uomo.
Una storia che attraversa gli anni e dal 1948 arriva al 2002. Anni ricchi, intensi, struggenti di passione e amore per la propria terra e la propria famiglia. Terrore, orrore ma anche tanta speranza. Vite spezzate, vite che nascono, semi bruciati, semi che attecchiscono e portano nuovo frutto, la non rassegnazione. Da Yehya e Bassima, passando per Hassan e Delia, fino ad Yusses, Fatima, Amal e Sara, intrecci spezzati ma che non si rassegnano a scomparire. Morti che continuano a vivere e vivi che hanno sentito la loro anima spegnersi. Esistenze che continuano ad andare avanti, una devastazione dietro l’altra. All’orrore non c’รจ giustificazione ma solo la presa di coscienza forte che la violenza genera altra violenza. L’orrore partorisce solo altro orrore.
Tutta la sua famiglia era stata sterminata durante l’olocausto. Ironicamente, ed era un’ironia che mi artigliava la mente, anche la vera madre di David, mia madre, era sopravvissuta a una carneficina che le aveva decimato la famiglia. Se non che quest’ultima era avvenuta a causa del primo, portando alla luce l’inesorabile veritร che i palestinesi avevano pagato il prezzo dell’Olocausto ebreo. Gli ebrei avevano ucciso la famiglia di mia madre perchรฉ i tedeschi avevano ucciso quella di Jolanta.
Viviamo le vicende di diverse generazioni, di un popolo che vive della propria terra, che benedice e glorifica ciรฒ che la vita ha offerto loro, che รจ ospitale verso il prossimo ma che proprio dal prossimo che ha accolto รจ stata attaccata. Susan Abulhawa nel scrivere questo straordinario e potente libro non cerca colpevoli, riporta la storia e le devastazioni che l’odio lascia lungo il cammino. Bambini, anziani, donne, uomini, la guerra cancella esistenze tramutando esseri umani in corpi ammassati senza identitร e dignitร .
Ogni mattina a Jenin รจ una presa mordente alla bocca dello stomaco, รจ una mano che stritola il cuore, ma รจ un libro necessario, essenziale, perchรฉ crudo e diretto. Una scrittura autentica, un libro struggente che cattura e non consente agli occhi di staccarsi dalle parole.
Note sull’autrice

Susan Abulhawa, cittadina americana, nasce da una famiglia palestinese in fuga dopo la Guerra dei Sei Giorni e vive i suoi primi anni in un orfanotrofio di Gerusalemme. In seguito abita in diversi paesi, tra cui anche il Kuwait e la Giordania. Si laurea in scienze biomediche all’Universitร della South Carolina ed ebbe una brillante carriera nell’ambito delle scienze mediche.
Susan Abulhawa รจ autrice di numerosi saggi sull’argomento, per cui รจ stata insignita nel 2003 del premio Edna Andrade, relatrice a diversi convegni e attivista in ambito umanitario, ha fondato l’associazione Playgrounds for Palestine, che si occupa soprattutto dei bambini dei Territori Occupati. Vive in Pennsylvania. I suoi articoli sulla situazione palestinese sono apparsi su numerose riviste, tra le quali ยซNew York Daily Newsยป, ยซChicago Tribuneยป, ยซChristian Science Monitorยป e ยซPhiladelphia Inquirerยป. Nel 2006 Sperling & Kupfer pubblica il suo romanzo Nel segno di David, nel 2011 esce per Feltrinelli Ogni mattina a Jenin, e nel 2015 Nel blu tra cielo e mare, sempre per Feltrinelli. (fonte Ibs)