Flâneur è un termine francese, reso celebre dal poeta Baudelaire, che sta ad indicare il gentiluomo che vaga per la città osservando il paesaggio che lo circonda.
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Nella prefazione del libro, curata da Marco Incardona, si legge:
Jonathan Rizzo non è un poeta che si lascia imbrigliare dalle facili maglie di una critica letteraria, men che meno da quella di una breve introduzione alle sue raccolte Le scarpe del flâneur. La sua è una poesia corporale, della presenza, del suo farsi e del suo dirsi, per poi disfarsi nel vortice degli attimi da vivere fino in fondo.
Un poeta fuori dagli schemi Jonathan Rizzo che non si nutre di apprezzamenti facili ma va a scardinare quella ricerca di complimenti per cercare davvero di superare la crisi in cui versa la poesia, fatta di like e poco spessore, di brevi entusiasmi e attenzioni ma non di impronte, di segni distintivi che perdurano nel tempo.
L’astro come esca
prosciuga l’umanità
delle sue soffitte ammuffite,
dirigendo l’orchestrina
al gran ballo della leggerezza.
Assisto colpito
a uno spettacolo improvvisato,
francesi di strada
e marionette d’asfalto
urlanti
nella Tempesta shakespeariana.
Unico concentrato
tra pubblico
distratto e annoiato.
Tempi duri per i poeti.
Tratto da Belleville
In Le scarpe del flâneur ( Ensemble) la poesia di Rizzo è dialogo e va a sradicare la logica imposta dalla società, porta il lettore a scavare in fondo all’essere per capire quello che si è veramente, padroni di tutto e di niente, in un’esistenza inconsistente, nostalgici di sogni e speranze andate, acrobati su passi incerti nel sentiero chiamato vita.
Il giorno che Marina morì
eravamo tutti al bar,
come in ogni altra occasione,
immuni dalla vita e da Lei.
Il vento cessò improvvisamente
di battere
e il caldo si fece insopportabile,
così decidemmo tutti insieme
di alzarci di colpo,
lasciare l’ultimo bicchiere a metà
sul tavolino sporco,
per non salutare
e finimmo con quell’estate
per sempre.
Quando la morte arrivò
non trovò più nessuno,
solo il conto da pagare.
Omaggio all’amico scomparso
Jonathan Rizzo, di origine elbane, è nato a Fiesole nel 1981. Studia a Firenze e consegue la Laurea Magistrale in Scienze storiche.
Si trasferisce a Parigi per scrivere il suo primo libro, L’illusione Parigina (2016). Sempre nello stesso anno entra nell’antologia di Affluenti, nuova poesia fiorentina (Ensemble). Nel 2017 pubblica Eternamente Errando Errando e nel 2018 La giovinezza e altre rose sfiorite (Ensemble).
L’autore ringrazia.
J.