Il libro Le coordinate della felicità di Gianluca Gotto è il racconto di un atto di ribellione e rivoluzione contro un’esistenza fatta di comfort zone ma poco stimolante, la ricerca di quella libertà correndo dei rischi e sbagliando anche ma seguendo il vero io contro i paletti imposti dalla società.
Trama: Io la sognavo una vita così. Una vita in cui poter girare per l’Asia per mesi, per poi svegliarmi una mattina a Bali e decidere su due piedi di voler tornare in Europa. Passare un paio di giorni a Bangkok per mangiare pad thai e salutare l’Oriente. Andare a trovare mia nonna a Torino, poi salire a bordo della mia casa su ruote e ripartire. E alla prima sera in the road, guardando le stelle, discutere con la mia anima gemella della prossima meta. Oppure viaggiare e basta, senza meta, inseguendo solo ed esclusivamente le coordinate della felicità. Sognavo di poter fare della stanza di una guesthouse o della hall di un aeroporto il mio ufficio e del mondo intero la mia casa. Poter lavorare in remoto da qualsiasi punto del pianeta e guadagnarmi da vivere facendo ciò che più amo. La sognavo una vita cosi: libera. E vi dico la verità, da qualche parte tra la testa e il cuore sentivo di potercela fare per davvero, fin dal primo giorno. Forse è quello che ha fatto la differenza : crederci. Crederci sempre.
Link Amazon
Alcune frasi raccolte per voi
Prima impari ad accertarti e a capire chi sei davvero, e prima capirai quali sono le coordinate della tua felicità.
Tutto parte dalla ribellione, quello è il primo passo. Il secondo è lanciarsi, il terzo trovare il paracadute e capire come aprirlo. L’ultimo è godersi la vita, finalmente.
I “se potessi tornare indietro…” si sprecavano nei discorsi dei grandi pronunciati con quel tremendo sorriso amaro tipico di chi ha messo troppa distanza tra i propri sogni e la realtà.
Abbiamo paura di essere liberi perché ci fa paura l’idea di poter essere noi stessi, senza maschere o frasi fatte dietro cui nasconderci.
Pensare e ripensare a tutto ciò che potrebbe o non potrebbe succedere (il cosiddetto overthinking) è il modo migliore per restare fermo e subire passivamente la vita, senza agire.
In poche parole, wanderlust significa volersi sempre muovere. È il desiderio di viaggiare, esplorare, vedere posti nuovi. È il contrario di stare fermi.
Si dovrebbe studiare per accrescere la propria cultura, spinti dalla passione, ma oggi non è così. Alcuni vedono nell’università un prolungamento della bolla del liceo, tanti altri la considerano semplicemente l’opportunità di raggiungere un traguardo prestigioso. Il famoso “pezzo di carta” è un obiettivo che ancora molti aspirano a raggiungere solo perché “così dev’essere”, pochi laureati sono realmente interessati a ciò che studiano, mentre la maggior parte di loro ha l’unico scopo di sentirsi chiamare, un giorno, “dottore”.