Alda Merini- La pazza della porta accanto

E allora il poeta deve parlare, deve prendere questa materia incandescente che è la vita di tutti i giorni, e farne oro colato…

Ora la poesia dovrebbe essere un fenomeno un po’ più extraconiugale, diciamo un fenomeno collettivo. Per carità, non tutti hanno voglia, quando tornano dal lavoro, di leggersi i poeti, che Dio ce ne guardi. Però la poesia educa il cuore, la poesia fa la vita, riempie magari certe brutte lacune, alla volte anche la fame, la sete, il sonno. Magari anche la ferita di un grande amore, un amore che è finito, oppure un amore che potrebbe nascere.

Alda Merini

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Un solo termine per descrivere questo libro: crudo.

Forse poco, sintetico, banale ma quello più azzeccato, sentito, adatto. Crudo come cruda è stata la vita di Alda Merini, grande poetessa, maestra di parole senza l’uso di concetti astratti per narrare la sua fantastica e potente vita in continuo sequestro.

E, se il suo corpo è stato oggetto a torture nel periodo del manicomio, barbarie per curare una mente straordinaria, questa non si è mai piegata a dottrine, chiusa dietro preconcetti, illusa della falsità ma più lucida che mai ha spalancato le porte alla vita.

Cruda di fronte all’amore che prende e dona, dove vede quello che l’altro è, quello che è lei stessa con l’altro. Cruda come chi capisce meglio degli altri il mondo nascosto dietro occhi vuoti, vivi e accessi nel loro buio imposto.

Un’ Alda Merini che affascina sempre, che attraverso i suoi amori ( Ettore, Michele, Titano) ha vissuto e attraverso la vita ha saputo brillare. Lei che sapeva anche creare scandalo con le sue scelte.

Chi mi ha affibbiato l’epiteto un poco doloroso di poetessa d’amore ha sbagliato. Non sono mai stata una donna d’amore e neanche una donna inane, ma una donna d’azione che ha scritto d’amore per forza, come grido di vendetta. Perché l’amore stimola alla vendetta.

Una madre mancata, una madre a cui sono state tolte le figlie, una madre dal ventre pieno e dal cuore gonfio di amore non donato. Una donna e una poetessa che è venuta a mancare il 1° novembre, giorno di tutti i Santi, lei che in un’intervista ha rivelato:

Molto tempo fa stavo leggendo la morte di Madame Bovary: mi sentivo male, la lingua si ingrossava, era come se mi fossi avvelenata, ero veramente avvelenata. A un tratto ho visto una cosa orrenda: ho visto l’aldilà. Era l’inferno, atroce.

È una della cose più terrificanti che si possono immaginare. Credevo di essere una persona a posto, invece non avevo fatto una sola cosa buona in vita mia, nemmeno una, era tutta una sequenza di errori, di vanità, di parole vane.